Premessa
La giornata internazionale della danza nasce nel 1982 su iniziativa della commissione danza dell’Istituto Internazionale del Teatro, il principale partner per le arti dello spettacolo dell’UNESCO. Ha lo scopo di promuovere la danza come forma d’arte, il suo valore pedagogico per la crescita dell’individuo ed anche il suo potenziale economico.
In quest’occasione tutti i ministeri e organismi governativi, le istituzioni teatrali e le scuole sono invitati ad organizzare o promuovere un’iniziativa per celebrare la danza.
Noi abbiamo intervistato Elisabetta Cuscito, ex-ballerina, coreografa ed insegnante di danza. Dopo il diploma in danza classica al National Dance Council of America intraprende studi di danza moderna, jazz, tip tap ed hip-hop frequentando stage e workshop di livello internazionale. Comincia la sua attività di insegnante nei primi anni ’90 aprendo in breve tempo due centri studi ENDAS/CONI. Recentemente si è occupata di musical, supportata con successo da insegnanti di canto e recitazione.
Le abbiamo chiesto di raccontarci quanta importanza dà all’audio in un suo spettacolo di danza.
Ciao Elisabetta, grazie del tuo tempo. Nella tua carriera hai coreografato centinaia di esibizioni di danza, musical, spettacoli teatrali. Per la tua esperienza, quanta importanza ha la gestione della parte audio in uno spettacolo di danza?
Ciao, grazie a voi per quest’intervista. Nei miei spettacoli ho sempre dedicato molta cura alle parte audio. In certi casi anche più che alle luci.
Confessa, lo dici per compiacerci! In molti casi il lavoro del fonico è considerato secondario rispetto al tecnico luci.
Forse questo succede perché l’audio non si vede! [Ride] Io sono del parere opposto: una gestione professionale dell’audio è fondamentale. Perché lo spettacolo in scena trasmetta davvero un’emozione, non è sufficiente premere play e far partire la base. Quella è una cosa che possono fare tutti, non è necessario essere un fonico. Così come non basta che una ragazza si sappia muovere a tempo di musica per essere considerata un ballerina. Ci sono tanti aspetti che, appunto, non si vedono e magari non si sentono, ma sicuramente lo spettatore, magari inconsciamente, li percepisce.
Il tuo discorso è molto interessante, puoi farci qualche esempio?
Questa cosa è molto più evidente nella classica, in cui gli strumenti che compongono le orchestrazioni hanno un ruolo determinante ed i brani hanno una maggiore dinamica. L’ideale sarebbe esibirsi con l’orchestra dal vivo, ma questo è un privilegio che capita poche volte nella vita [ride]. Inoltre la maggior parte dei teatri destinano ai saggi di danza degli impianti diciamo di seconda scelta. Oppure molte volte il budget non consente di avere di più. Allora è fondamentale che al mixer ci sia un tecnico esperto che sappia regolare l’equalizzazione ed il volume durante ogni brano per farlo sentire al meglio. Il che non vuol dire per forza più forte. Ricordo una volta un fonico che durante le prove del pomeriggio si appuntò sulla scaletta le parti più importanti di ogni pezzo. Non ho più sentito così bene i contrabbassi! [ride]
E invece, per gli altri generi?
La differenza fondamentale sta nel fatto che mentre la musica classica è nata per essere suonata dal vivo, tutto ciò che è moderno, jazz, contemporanea, etc. ha già una concezione da musica registrata. Un mp3 scaricato da youtube suona comunque molto simile all’originale, non c’è bisogno di fare grandi cose.
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Forse un discorso a parte merita il musical.
Il musical? Come dicono nello spettacolo Something Rotten, andato in scena a Broadway qualche anno fa, nel musical “un attore sta dicendo le sue battute e così, dal niente, comincia a cantare” E in tantissimi casi anche a ballare, aggiungo io. Fare un lavoro soddisfacente con l’audio di un musical è una cosa abbastanza complessa. Innanzitutto perché, quando le dimensioni e l’acustica del teatro lo consentono, si dovrebbe recitare a voce libera, senza microfono. E questo può creare una scollatura con le parti cantate in cui il microfono è indispensabile. Ma queste cose le sapete meglio di me [ride] Quindi, se si vuol fare bella figura sono indispensabili due cose. Innanzitutto il fonico deve sapere utilizzare al meglio la strumentazione, mixer, archetti o i maledetti panoramici! [ride] Questo perché la differenza di espressione e di volume tra le parti cantate e recitate a volte è notevole. Ma in tanti casi deve anche saper sopperire all’inesperienza degli attori o ballerini. Ad esempio può succedere di dover modificare le regolazioni di un archetto rispetto alle prove perché l’attore si è emozionato e quando è in scena non tira più fuori la voce, o ha l’affanno.
Ma che responsabilità ha un fonico degli errori che può fare un attore?
Il fonico non ha alcuna colpa se un attore sbaglia, ma ha la grande responsabilità di porre rimedio all’errore. A prescindere da dove provenga il problema, risolverlo fa comunque parte delle sue mansioni. Altrimenti ritorniamo al discorso iniziale: a premere play siamo bravi tutti. Inoltre teniamo sempre a mente che in teatro, ma un po’ in tutte le situazioni di questo tipo, abbiamo a che fare con le persone: il lato umano è fondamentale. Naturalmente ci sono delle situazioni nelle quali non possiamo pretendere che il tecnico faccia miracoli. Ma in molti casi, l’esperienza e la buona volontà possono bastare.
Un’ultima domanda: quanto tempo porta la preparazione della scaletta audio, rispetto a quella delle luci, o del video?
Premetto che non ho mai amato l’utilizzo dei video. Da qualche anno a questa parte sembra che non se ne possa più fare a meno, ma secondo me distoglie l’attenzione dal palcoscenico. Sulla musica classica poi, per me è completamente inappropriato. Lo stesso discorso vale per le luci: deve essere tutto molto misurato ed accompagnare la scena in modo da mettere in risalto le coreografie. Spesso invece vedo grandi spettacoli di luci, con contorno di balletto [ride]. Al tecnico luci ho sempre lasciato una scaletta con l’indicazione dei colori dei costumi e molto margine di movimento, privilegiando l’utilizzo dei complementari. Naturalmente molto dipende dal tenore della manifestazione: illuminare un saggio di danza è molto diverso da uno show in prima TV.
La scaletta audio invece è il frutto di un lavoro che dura tutto l’anno. Dopo aver deciso i brani, ho sempre avuto la necessità che fossero smembrati, ricomposti e montati fra loro. Eliminare una coda fastidiosa, costruire uno sfumato a partire da uno stop un po’ brusco, mettere a tempo due parti oppure fondere due brani con sonorità completamente diverse. Per fare bene queste cose, ancora una volta la competenza ed il gusto musicale del tecnico sono fondamentali. Altrimenti suona come un collage improvvisato ed l’impatto emozionale dello spettacolo ne risente.
fonte: https://www.international-dance-day.org/
Photo credit: Antonella Di Benedetto – immagine di repertorio ©2017