eddie vedder al festival collisioni - barolo

La scena del crimine

Qualcuno ha detto che la rapina perfetta è quella in cui, naturalmente oltre al fatto di non essere presi, la vittima non si accorge del furto. Bene, se le cose stanno così, Eddie Vedder ha appena fatto una delle rapine musicali meglio riuscite degli ultimi tempi. Ma andiamo per gradi.

Lunedì 17 giugno scorso sono andato al Collisioni Festival a Barolo, un paese di settecento anime circondato da colline rigogliose. In realtà, dire circondato non rende bene l’idea: quelle colline si affacciano sul centro abitato come le gradinate di un anfiteatro sul palcoscenico. L’impressione è che ci sia sempre un pubblico infinito e silenzioso a godersi la scena, qualunque cosa accada. Sembra il luogo ideale per un festival di musica e letteratura. E lunedì scorso, davvero tutto era organizzato alla perfezione per ospitare uno dei più grandi nomi della musica rock mondiale: Eddie Vedder, il cantante dei Pearl Jam.

Il complice

Insieme ad Eddie Vedder, in apertura, Glen Hansard. Se vi state chiedendo chi è, ve lo dico subito: è quello che ha vinto un Oscar per la miglior canzone con il brano Failing Slowly nel film Once. Se ora vi state chiedendo che film è Once, è quello in cui un un musicista incompreso campa facendo l’elettricista, mentre sogna di realizzare un album tutto suo. Incontra una ragazza polistrumentista, che invece vorrebbe tanto possedere un pianoforte. Uniti dalla passione per la musica, si aiutano l’un l’altro a realizzare le proprie aspirazioni.

Ma torniamo ai fatti. Dopo una giornata piuttosto calda, con un pomeriggio afoso come solo i paesi a valle sanno essere, al calar del sole abbiamo cominciato a respirare, anzi l’aria si era fatta proprio piacevole. Il primo concerto parte puntualissimo. Glen Hansard ha i capelli ancora rossicci, ma la barba è bianca e il volto un po’ segnato da quelle che potremmo chiamare rughe d’espressione. Mi fa strano pensare che sia la stessa persona che interpretava il chitarrista nel film The Commitments.

Il suo show ruota intorno a tre elementi principali: canzoni struggenti, padronanza dello strumento, energia a palate. E poi, nelle pause tra un brano e l’altro, parla. Gli artisti stranieri lo sanno quanto ci piace il tono da rock star maledetta, a volte un po’ drammatico e quasi epico, anche per dire delle banalità. Una parte di noi finge di capire tutto, partono applausi comunque, qualsiasi cosa abbiano detto. Inoltre, sentirli dire cose tipo “canta con me” in italiano stentato fa sì che noi torniamo a casa felici. Gli artisti stranieri sanno anche questo.

Quando poi, verso il finale, invita una ragazza a cantare sul palco, lei esplode di gioia e timidezza: sono queste le cose che spesso mandano il pubblico in delirio. Saluta tutti molto cordialmente e noi lo lasciamo andare senza troppi rimpianti, anche se il suo show è stato bellissimo, siamo tutti lì per Eddie.

I testimoni

Nell’intervallo, un messaggio tanto gentile quanto inequivocabile sul maxischermo scoraggia l’uso degli smartphone e delle go-pro. In effetti la performance è molto intima e la cosa migliore per tutti sarebbe godersela davvero dal vivo. Inoltre una selva di bracci tesi con un schermo luminoso stretto in mano potrebbe compromettere la familiarità del clima.

Il palco è nella piazza del paese e, essendo appunto un paese, ha delle case intorno. Come sempre accade, sui balconi si affacciano delle famiglie anziane: fra queste, una signora vestita di nero forse superava la novantina. I proprietari di questi balconi hanno l’invidia di tutto il pubblico: per come la vediamo noi, possiedono una fortuna incredibile. Infatti, ogni volta che c’è un concerto, possono godersi lo spettacolo in poltronissima senza mai pagare un euro.

Inoltre hanno a disposizione un servizio bar molto fornito e praticamente illimitato. Ma soprattutto possono andare in bagno tutte le volte che vogliono senza perdere il posto in prima fila. Invece loro non sembrano apprezzare a sufficienza la situazione, o forse proprio non si rendono conto della grandezza del privilegio ottenuto senza fatica. Infatti a metà concerto rientrano in casa, chiudendo i battenti, probabilmente maledicendo il fatto di non poter andare a dormire alla solita ora.

Però forse i più fortunati  sono i tecnici. Quelli sul palco, possono godersi la scena  praticamente da dentro. Gli altri di solito si arrampicano sulle impalcature alte che circondano il mixer, e rimangono appostati come vedette: li riconosciamo perché, da sotto vediamo penzolare i loro scarponi antinfortunistici, eroicamente indossati con ogni temperatura, e i loro preziosissimi pass. [Naturalmente, il fatto che siano sul posto a montare e cablare da un orario inimmaginabile per la maggior parte delle persone presenti in sala, rende la loro fortuna ampiamente meritata]

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L’identikit

Facciamo una premessa. Quando sta per salire sul palco una star della magnitudine di Eddie Vedder della costellazione dei Pearl Jam, i gusti musicali possono essere almeno momentaneamente messi da parte. Sì perché i Pearl Jam sono la band simbolo del movimento grunge degli anni novanta. Con loro Eddie Vedder ha registrato dischi indimenticabili, fatto centinaia di concerti riempiendo gli stadi in giro per il mondo, ed ha influenzato, direttamente o indirettamente, almeno un’intera generazione di musicisti.

Se state pensando che con i Pearl Jam sia facile, Eddie Vedder ha fatto cose notevoli anche da solo. Ad esempio ha composto canzoni straordinarie per il cinema, tra cui due brani per il film Dead Man Walking e l’intera colonna sonora di Into the Wild. Ha duettato con dei miti intercontinentali del rock come Roger Waters, Bruce Springsteen, Mick Jagger. Inoltre ha pubblicato un intero album suonando solo un ukulele.

I fatti

Eddie Vedder entra in scena, 54 anni portati benissimo, saluta velocemente e comincia a suonare. Musicalmente parlando, mette subito in chiaro le cose: infatti gli basta il primo pezzo, una chitarra e un microfono, per stenderci tutti. Il concerto è acustico, ma l’aria che si respira è decisamente elettrica.  Eddie Vedder si alza, si siede, si rialza, saltella, interagisce vivacemente con il quartetto d’archi, chiama spesso Glen Hansard sul palco.

Ad un tratto saluta un papà con in braccio un bambino nelle prime file, si emoziona da padre nostalgico. Persino il bimbo incrocia le mani per formare un cuore: forse è proprio lì che la sua musica vuole arrivare. Anche l’esecuzione è impeccabile: ogni canzone soddisfa e supera ogni previsione. D’altronde, c’era da aspettarselo da uno a cui basta un ukulele distorto per far ballare migliaia di persone.

Circostanze aggravanti

Durante lo show Eddie sorseggia, per ovvi motivi, Barolo. Mostra la bottiglia alla camera, non si risparmia nel descriverne la bontà. In realtà, più che sorseggiare, lo beve di gusto e ne beve tanto, a canna, come fosse del Gatorade. Praticamente ci  mostra come reintegrare sali minerali a trenta euro a sorso.

Dopo pochi brani, è palesemente ubriaco: lo ammette candidamente alla platea, ma il pubblico lo aveva ampiamente capito, anzi molti di noi, fin dai primi sorsi già immaginavano come sarebbe andata a finire. Eddie si diverte davvero a stare sul palco, non c’è nessuna forzatura o finzione, ma un certo tipo di allegria, è facilmente riconoscibile, specialmente per il pubblico di Barolo.

La letteratura insegna che la combo artista famoso+sbornia può produrre spettacoli piuttosto avvilenti: strumenti sfasciati, performance musicali penose, esternazioni imbarazzanti. Invece questa volta, chi si aspettava un atteggiamento da rock star maledetta, che fa discorsi irripetibili buttando tutto all’aria ed insultando il pubblico è rimasto deluso. Eddie Vedder, nonostante i litri di vino in corpo, continua a suonare e cantare con grande consapevolezza, mostrando presenza di spirito ed un atteggiamento brillante.

Qualcosa comincia a non quadrare.

Fermi tutti!

Ad un tratto, mentre suona seduto accanto a Glen, sbaglia un accordo. Si ferma, prende fiato e racconta, come se fosse un comedian di esperienza, questa cosa:

“Una zanzara enorme mi ha punto qui sul braccio, ha ripreso a volare ma volava a zig zag. Faceva dei versi e pensavo ridesse per prendermi in giro. Invece era ubriaca, perché nel mio sangue c’è solo Barolo”.

Il pubblico ride di gusto. Io digrigno i denti, mi sembra davvero troppo. Almeno l’ironia il signor Vedder dovrebbe lasciarla a noi. E’ una delle nostre armi migliori per farci largo, nel lavoro e nella vita. Diciamoci la verità: molti di noi possiedono solo quello come talento, e ci tocca affilarlo ogni giorno. Doveva farci tornare a casa dicendo “Eddie è grandioso, un musicista unico al mondo! Però tutti quei discorsi tra un brano e l’altro se li poteva risparmiare… un po’ troppo pesanti. Chissà quant’è noioso nella vita reale…” E invece no, è anche simpatico.

L’apprezzeremmo di più se facesse come il suo amico Glen: canta e suona da paura, ma quando parla è troppo serio. Invece Eddie Vedder l’altra sera ha fatto la rapina perfetta, s’è portato via tutto: la scena, gli applausi, un fiasco di Barolo. Ma soprattutto ci ha rubato l’illusione che, fra una canzone e l’altra, siamo più simpatici noi.


Photo credit: © 2019 Riccardo Medana c/o Collisioni Festival

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