primo piano di massimo barbieri nello studio larione uno

L’intervista

Intervista a Massimo Barbieri realizzata per Audiogrill – scuola di tecnologie audio e musica elettronica di Taviano (Lecce) in occasione della masterclass “Il mix delle voci” che si terrà a Lecce il prossimo 28 ottobre.

Massimo Barbieri inizia l’attività di fonico alla fine degli anni ’80 lavorando, con Giancarlo Bigazzi ed altri big dell’industria musicale. Producono artisti quali Umberto Tozzi, Mia Martini, Anna Oxa, e molte altre star italiane del tempo. Successivamente collabora alla realizzazione di dischi e concerti di Fabrizio Moro, Antonella Ruggiero, Francesco De Gregori ed altri. Ultimamente ha curato i più recenti spettacoli teatrali e televisivi di Panariello, Pieraccioni e Carlo Conti.

Dal 2011 è il fonico di messa in onda di X-Factor, nel quale si occupa del mix delle voci di tutti i concorrenti e di tutti gli ospiti nazionali e internazionali come Ed Sheeran, Mika, Katy Perry, Duran Duran. Nel giugno di quest’anno è stato il fonico del concerto-evento “La Finale” di J-Ax e Fedez a San Siro. Attualmente è impegnato con SKY UNO con la trasmissione “E poi c’è Cattelan in teatro” registrata al Franco Parenti di Milano, uno dei più prestigiosi teatri italiani.

D: Ciao Massimo. Innanzitutto grazie per quest’intervista, sappiamo che in questo periodo sei molto impegnato con alcune trasmissioni televisive, produzioni originali di Sky Uno, con grandi ospiti, volti di primissimo piano del mondo dello spettacolo, dello sport e dell’attualità. Cosa comporta seguire il mix musicale in tv?

R: Il mix televisivo è la sfida più bella che ho affrontato perché è l’unione delle due esperienze che avevo di studio e live. Infatti, a fronte di una ripresa di tipo live c’è una tecnologia di mix ed un impacchettamento da disco perché bisogna consegnare un prodotto che stia in certi limiti di loudness e confrontarsi con musica registrata in studio per avere lo stesso tipo di impatto. Specialmente quando faccio X-Factor, cercare di avere lo stesso impatto fra le band che suonano live ed i ragazzi che cantano sulle basi prodotte in studio è la cosa più impegnativa… però mi diverto!

D: Questo tuo impegno giunge ad una distanza relativamente breve dalla tua ultima fatica, “La Finale” di J-AX e Fedez al S.Siro di Milano. Si è trattato di un mega show da 85mila spettatori con sold-out annunciato da tempo, quindi portatore di grandi aspettative, naturalmente anche dal punto di vista tecnico.

R: Io sono stato indicato relativamente a ridosso del concerto, tre mesi prima, da Andrea Corsellini, il fonico che aveva fatto tutto il tour ma che sarebbe stato impegnato in un’altra produzione (con Vasco Rossi) per tutto il periodo delle prove ed il concerto. Mi ha indicato come sostituto anche perchè io già collaboravo da anni con Fausto Cogliati, che è stato il direttore musicale e che a X-Factor fa il producer per Fedez.

Quindi, quando sono entrato in gioco io, certe dinamiche specialmente sull’impianto erano già state portate avanti dalla produzione Lemon and Pepper e dal service Mister X. Io ho fatto la mia richiesta relativamente al mixer e dopodiché ci sono stati un po’ di incontri in modo che non ci fosse niente che andasse storto. Questo era un concerto a data unica e quindi non ci si poteva permettere nessun tipo di errore.

D’altra parte sapevamo che non ci sarebbe stata la possibilità di provare con l’impianto fino alla vigilia dell’evento. Infatti io ho sentito l’impianto solo alla prova generale, e tra l’altro ad un volume più basso perché a San Siro ci sono delle limitazioni per problemi con il vicinato. La sera prima si può provare, ma fino ad un certo volume, poi per il concerto c’è una deroga che consente di lavorare a pieno regime.

D: Quest’evento-passerella è stato caratterizzato dall’avvicendarsi di diversi ospiti e varie situazioni musicali che hanno richiesto ciascuna una particolare attenzione. Quali sono i passaggi fondamentali da seguire in un evento di questa portata?

R: Per prima cosa abbiamo deciso i materiali da usare per essere sicuri di averli in ridondanza, cioè doppi. Io ho una regola, che finora ha sempre funzionato: La ridondanza serve quando non c’è. Mettere le cose doppie fa sì che non servano mai, mentre la volta che non le metti, succede un casino! 😀 Quindi c’era doppio mixer, doppio stage-rack, progettazione di un sistema di scambio velocissimo tra un mixer e l’altro, etc.

Successivamente ci siamo incontrati con Fausto Cogliati e Andrea De Bernardi (lato produzione artistica) per capire che tipo di taglio dovesse avere il suono del concerto, fermo restando che c’era sempre l’incognita del non poter provare mai con l’impianto vero. Certe cose che in sala prove fanno la differenza, sull’impiantone non la fanno: sono quegli orpelli che nel grande evento non si riesce mai a far sentire, anzi faranno solo danno.

Poi c’è stata la prova generale durante la quale per fortuna sono stato coadiuvato da altri colleghi, compreso Andrea (Corsellini n.d.a), che giravano per lo stadio e mi davano il loro feedback di cosa succedeva fuori dalla regia FOH. La loro presenza è stata molto importante. Lì mi è tornata comoda l’esperienza televisiva, dove i tempi di attesa sono lunghi ma il tempo per lavorare è pochissimo. :;-D La prova generale non l’ho neanche potuta finire: gli ultimi pezzi non li ho neanche ascoltati. La stessa cosa è successa con gli ospiti: la maggior parte li ho sentiti per la prima volta soltanto alla prova generale (non durante l’allestimento, n.d.a.) ed un paio di loro nemmeno in prova, direttamente in serata.

Anche in questo caso l’esperienza televisiva mi è stata utile: quando c’è una certa pratica, si possono impostare dei parametri che comunque vadano bene, così che quando si apre il canale comunque si sente bene, e poi dopo le prime parole, se ce n’è bisogno, si ritocca.

D: Oggi sei uno dei fonici più apprezzati in Italia e nel tuo curriculum puoi vantare anche esperienze di primissimo livello con artisti internazionali (Ed Sheeran, Katy Perry, ed altri). Come nasce la tua passione per la musica e quindi per questo lavoro?

R: Io ho iniziato da musicista: da ragazzino ho suonato prima il pianoforte per pochi mesi, poi il sassofono nella banda del paese. Successivamente, negli anni ’80 avevo la mia band che si ispirava molto al pop elettronico che arrivava dall’Inghilterra, come i Duran Duran etc. Così prima mi sono appassionato specialmente ai synth e poi ho iniziato ad occuparmi della realizzazione dei provini della band… con un 4 piste, cose che commuovono a pensarci! 😀

L’inizio della professione è stato quando ho incontrato Marco Falagiani in uno studio di Firenze in cui ero andato per suonare. Gli ho chiesto se potevo andare lì a vedere mentre lavorava perché mi interessavano le macchine, lui ha accettato e dopo un po’ mi ha chiesto di lavorare con lui. Da quel momento è nata una collaborazione che dura da trent’anni.

D: A quali momenti è legata maggiormente la tua crescita professionale come fonico?

R: Io sono stato fortunato perché quando ho cominciato a lavorare con Marco Falagiani, dopo appena un anno abbiamo conosciuto Bigazzi e lui ci ha portato subito in serie A a lavorare con Masini, Tozzi, Mia Martini, all’epoca Aleandro Baldi. È stato molto formativo perché dopo aver registrato, andavamo a mixare in uno studio di Milano dove c’era una console Neve ed un fonico molto bravo, Renato Cantele, che è stato il mio vero maestro. Infatti, quando andavamo lì a mixare, in realtà lui mixava, ed io rubavo con gli occhi tutto quello che faceva. E’ iniziata subito anche l’esperienza live, che ho portato avanti in parallelo all’esperienza in studio: era naturale d’estate andare in tournée con gli artisti dei quali l’inverno registravo i dischi

D: Hai cominciato alla fine degli anni ’80 con i dischi ed i concerti di alcune delle migliori voci del panorama nazionale (Umberto Tozzi, Mia Martini, e tanti altri) fino alle recenti performance di Fabrizio Moro, Francesco de Gregori, Patty Pravo, solo per citarne alcuni. Com’è cambiato nel tempo il tuo modo di lavorare al sound della voce?

R: Nei dischi l’evoluzione del suono della voce è continua perché la musica si evolve: prima si usavano degli exciter tipo Dolby A o l’Aphex, poi si è tornati ai suoni più scuri, adesso invece si fanno suoni chiarissimi e con i plug-in si tende a fare delle voci molto brillanti, super-crispy perchè poi nel telefono suonano in una certa maniera.

È cambiato il tipo di approccio nel processamento durante il mix mentre per una ripresa microfonica di una bella voce standard, utilizzare un U-47 ed un pre Neve 1073 (che sono gli stessi che si usavano quarant’anni fa), è ancora la miglior cosa. Invece nel live, se un tempo i cantanti studiavano un po’ di tecnica microfonica, adesso i concorrenti dei talent arrivano in TV senza avere idea di come si utilizzi un microfono.

C’è stato uno che al primo sound check lo teneva puntato direttamente sulla fronte! 😀 Di solito faccio un piccolo briefing prima di cominciare la trasmissione, ma poi puntualmente non lo rispettano. I rapper coprono la capsula, i cantanti tendono ad allontanarlo troppo. Io chiedo semplicemente di tenere il microfono fermo, che comunque è la soluzione migliore per chi sta di sotto.

Davanti ad un amplificatore per chitarra non si sposta continuamente il microfono per dare espressione. Semplicemente si suona con un’espressione diversa, e lo stesso per me vale per la voce.

D: La tua esperienza e la tua preparazione sono largamente riconosciute come fonico sia live, sia in studio. Quali sono gli elementi fondamentali che accomunano o distinguono i due ambiti?

R: La differenza fondamentale è che quello che fai live succede in tempo reale, e quindi gli interventi devono essere “giusti”, non si può sbagliare. In studio invece c’è la possibilità di sbagliare, di sperimentare. Questo lavoro di ricerca, nel live si può fare in pre-produzione. Specialmente da quando c’è il Virtual Soundcheck, si può di lavorare su quello che hanno suonato i musicisti senza tenerli lì ore ed ore. In questo modo si potrà lavorare accuratamente sul live quanto in studio.

Invece i parametri che si utilizzano per mixare live e in studio sono molto diversi. Infatti nei dischi si cerca di limitare la dinamica il più possibile. Invece il bello del live sta proprio nella dinamica, nell’aria, nel nel far suonare l’impianto. Cercare di portare lo stesso approccio al limiting che si ha in studio, nel live non funziona. Anche quei parametri che si ritrovano spesso, ad esempio il range di frequenze delle voci in studio, non sono gli stessi del live.

Se si usa lo stesso tipo di approccio da studio, ad esempio sulle voci, dal vivo il risultato è una lametta. La mia ricerca è sempre quella di avere il massimo volume con il minimo fastidio.

D: Il prossimo 28 ottobre terrai la masterclass “Il Mix delle Voci”, organizzata a Lecce da Audiogrill – scuola di tecnologie audio e musica elettronica. E’ un’occasione importante per imparare come gestire al meglio uno degli aspetti che richiedono maggiore attenzione all’interno della produzione di un brano: la voce. Quanto è importante la formazione per chi si approccia a questo mestiere?

R: La formazione è importante perché non finisce mai. Io personalmente studio ancora tutti i giorni, specialmente manuali di macchine nuove, mi stimola a cambiare mixer spesso. Il formarsi è quindi un percorso che dura per tutta la carriera professionale. All’inizio è molto importante partire con delle basi solide. Chi ha la fortuna di seguire un corso, sicuramente imparerà certe nozioni tecniche che poi non avrà più modo di studiare. Queste informazioni gli faranno comodo.

È altresì importante stare accanto ai professionisti. Chi è fortunato come lo sono stato io, nei primi anni di carriera può fare da assistente a professionisti più attempati e con maggiore esperienza. Così può rubare con gli occhi ciò che fanno loro, e poi mutuarlo con la propria esperienza ed il proprio gusto. Però, come arrivare ad esprimere il proprio gusto o interpretare il gusto del produttore o dell’artista è un fatto anche tecnico, e quindi bisogna studiare.

In sintesi, la formazione è importante in tutto il periodo. All’inizio per partire con basi giuste e correggere certe misconcezioni che potrebbero comportare evitare errori anche gravi 😀 … ed in seguito non si arriva mai. Io rifarei tutti i miei mix, un po’ perché cambia il gusto, un po’ perché le tecniche si affinano.


Massimo Barbieri sarà a Lecce il prossimo 28 ottobre per la masterclass “Il Mix delle Voci”, organizzata da Audiogrill per affrontare argomenti come la preparazione delle tracce, l’utilizzo di compressori ed altri effetti di dinamica, la scelta dei plug-in più adatti, la differenza di approccio in studio e dal vivo ed illustrare le migliori strategie per una corretta visione del sound della voce all’interno del mix.

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